L’horror mi piace. Mi è sempre piaciuto, ed è anche il genere che più mi piace trattare quando scrivo, assieme al fantasy (rigorosamente dark) e alla fantascienza (rigosorissimamente dark).
Mi piace da quando avevo quattordici anni, e nel corso della mia “carriera” di scrittore e lettore ho visto e letto tantissime storie di questo tipo: dal sempre presente Stephen King ai film di John Carpenter, dal divino Lovecraft agli horror giapponesi, in ventotto anni mi sono letteralmente cibato di cose che farebbero rabbrividire chiunque abbia almeno un briciolo di sanità mentale (questa è per i giocatori di ruolo horror…).
Da scrittore ho sempre pensato che scrivere una storia horror sia una cosa seria, che questo genere di racconti debba colpire duro in qualche modo per rimanere in testa al lettore per molto tempo.
Per far sì che ciò accada, c’è solo una cosa da fare: raccontare storie che siano belle perché cattive.
Insomma, pensiamoci bene: qual è il compito primario di un horror se non quello di spaventare, anche e soprattutto mettendo in scena una storia che vada contro i valori e il buon senso di chi legge?
Andiamo, parliamoci chiaro: ma a voi film come Scream fanno ancora paura? Creano turbamento?
A me no.
A me fanno paura romanzi altamente disturbanti come I figli del grano di Stephen King, nel quale un gruppo di spaventosi bambini impazziti sacrifica i genitori al dio del grano in una sperduta città dell’America profonda, o film come The woman in black, in cui i bambini sono invece vittime di un Male spietato e cattivo.
Per vocazione, nella cultura occidentale influenzata dal cristianesimo i bambini devono essere protetti in ogni modo. Sono deboli, sono fragili e soprattutto non è giusto che soffrano; quando uno scrittore o un regista decide di sacrificarli sull’altare del proprio racconto dell’orrore state pur certi che qualcuno griderà al capolavoro, perché non tutti hanno il coraggio di andare contro questo tabù narrativo.
Il racconto col quale ho partecipato a Brividi di Ottobre, il nostro contest a tema Halloween in scadenza domenica alle 12.00 (affettatevi!) va in questa direzione: per spaventare devi osare. Per spaventare devi essere spiacevole. Per spaventare devi fare qualcosa di orribile.
Se non lo fai ti devi rassegnare: stai bluffando, ti stai precludendo una possibilità di creare una bella storia. Una bella storia dell’orrore.
Così, quando sabato scorso ho pensato alla storia giusta per partecipare a un contest di Halloween, ho messo subito da parte tutte le idee su vampiri, lupi mannari, zombie e chissà cos’altro, e mi son legato indissolubilmente all’idea che fa paura.
Non so come sia andata e come andrà il contest, on so se vincerò.
So però che mi sono divertito a scriverlo, perché è quel che volevo che fosse: un vero horror.
Un’idea davvero spiacevole.
Ed è anche il seguito di una delle storie che ho scritto l’anno scorso e più mi hanno dato soddisfazione, capostipite di un ciclo che senza dubbio proseguirò.
Storie crudeli, di stregoneria, morte e cattiveria.
Le storie di una strega cattiva.
Le sue avventure, e le disavventure di chi ha la sfortuna di incontrarla.
Non vedo l’ora di continuarle!
- Geeko Witing Week 2018-Una stana storia (parte tre) - 19 Novembre, 2018
- Geeko Writing Week 2018 – Una strana storia (parte 2) - 15 Novembre, 2018
- Geeko Writing Week 2018 – Una storia strana (parte 1) - 14 Novembre, 2018
- Buio ovunque – Quinta puntata - 8 Novembre, 2018
- Buio ovunque – Quarta puntata - 23 Ottobre, 2018
Come ho gia detto, non sono amante del genere e nemmeno bravo a trattarlo. Però mi sono cimentanto puntando più sul brivido e la suggestione. Proabilmente l’ho fatto con la leggerezza che mi contraddistingue. Però sono anche io dell’idea che un horror deve esplorare le paure.