Buongiorno a tutti, cari Geeki
ho pensato di cogliere l’invito di Fabio, dalla discussione sulle abitudini di scrittura sul Caffè Letterario, per raccontare come si svolgono gli incontri a cui partecipo, direttamente con un post qua, sul mio blog di Geeko.
Innanzitutto, Vi invito a leggere il mio primo post sul blog per maggiori dettagli circa le mie scelte professionali-didattiche, e comunque Vi rinfresco volentieri la memoria: a Ottobre del 2017 mi sono candidata per accedere a Bottega Finzioni, la scuola di scrittura di Carlo Lucarelli a Bologna, e a Dicembre, dopo varie selezioni, ho ricevuto la fantastica notizia che avrei passato così il mio 2018, nell’area Fiction (scrittura per il cinema e la TV, dunque sceneggiatura). Bottega non è un corso come tutti gli altri, non voglio fare della pubblicità, che non le serve a nulla… Ma ha davvero una marcia in più. Non ci sono solo lezioni didattiche con nozioni da apprendere, che comunque sono sempre dinamiche e molto interessanti, portate avanti da professionisti del cinema e della TV, ma veri e propri progetti a cui noi abbiamo la possibilità di lavorare durante tutto l’anno. Non posso scendere nei particolari per ovvi motivi, posso comunque dirvi che attualmente stiamo lavorando ad un film e una serie TV. Se avete curiosità, sul loro sito ci sono alcuni particolari. In classe siamo in 20 e lavoriamo a gruppi di 5 o anche 6-7 persone. Ciascun gruppo, in base alle direttive che vengono date in aula, porta avanti il suo progetto tramite incontri a cadenza più o meno settimanale. Attualmente stiamo producendo soggetti, per le sceneggiature è un pò presto, ma è già una bellissima esperienza, anzi: il lavoro duro è proprio ora, quando si deve mettere insieme l’impalcatura della storia (e all’inizio vi assicuro che fa acqua da tutte le parti :-D). Imparare a lavorare in gruppo è per me una sfida, perché sono sempre stata molto solitaria e concentrata sulle mie idee. Adesso posso dire che, per come le cose stanno andando finora, sono molto stupita e contenta di me stessa. Abbiamo gruppi affiatati (potere delle selezioni fatte bene) e insieme ci divertiamo molto. Non sarebbe possibile per un lavoro creativo come quello di un romanzo, che è un’attività solitaria per la maggior parte della sua creazione. Per un soggetto, il lavoro di gruppo diventa nascita, un plus e non un limite. Si fa brainstorming, si buttano giù tante idee, c’è chi è più portato a creare, a partorire idee, c’è chi mette tutto in discussione portando alla luce i limiti degli intrecci, c’è chi raccoglie le briglie di chi si è disperso e incanala l’energia di tutti nella giusta direzione… perché c’è sempre un momento in cui vanno tirate le somme. Avere dei vincoli dati dal genere, da un libro, uno sfondo, un’idea, una tematica scelta, potrebbe sembrare un limite alla creatività. Niente di più falso, come insegna il buon vecchio McKee nel libro Story, succede esattamente il contrario: i vincoli stimolano ulteriormente la creatività perché la sfida è tirare fuori qualcosa di veramente originale avendo ben presente determinate caratteristiche, magari proprio plasmare le nostre idee preesistenti secondo determinate categorie, niente di più stimolante!
Quando scrivo in solitaria, soffro spesso di blocchi, e mi deprimo terribilmente, dovendo subito interrompere. Questo non accade in gruppo, perché la discussione è sempre aperta e le idee degli altri confluiscono in un unico centro, creatore di continua energia per te che ne prendi parte. Anche la forma acquista la sua importanza, a volte si prende una strada e qualcuno miracolosamente ti fa notare che è sbagliata per un minuscolo particolare che tu proprio non avresti notato. Quando si scrive una storia per immagini, c’è infatti un grande pericolo: la coincidenza, e per aggirarla ci vuole sempre molto lavoro. Insomma sì, la creatività è essenziale, ma dietro questa c’è ragionamento e logica, imprescindibili. Me lo immaginavo così? No, assolutamente no, ma credo mi stia dando moltissimo, sotto tutti i punti di vista: professionale, umano, creativo. Anche perché, per chi, come me, vuole tentare la strada della sceneggiatura, il lavoro di gruppo è importantissimo, al contrario della letteratura vera e propria.
(Molto) tempo fa, credevo che i modelli, gli schemi e le imposizioni esterne fossero una gabbia per il creativo, per lo scrittore in particolare. Quanto mi sbagliavo! Se lo avessi capito prima, chissà… Si crede che non serva studio per scrivere, che sia solo fatto di vena artistica. Non è affatto così, solo conoscendo i modelli a menadito si può imparare a rompere gli schemi. La creatività va incanalata attraverso un duro lavoro di logica e di organicità (come anche la preziosissima Alba mi ha insegnato). Bisogna conoscere il proprio tema e dargli una struttura. Non è molto romantico, lo so, ma… molto utile a tirare fuori qualcosa di buono. Pensate un pò, Picasso conosceva perfettamente tutte le regole del disegno classico, come ogni artista eccezionale ci passò sopra anni… per poi rompere le regole nel modo storico e rivoluzionario che tutti conosciamo.
Carissimi, se avete qualche domanda, sarò felice di rispondere.
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Io non penso affatto che applicare metodi e schemi alla propria vena creativa costituisca un limite per il creativo stesso, tutt’altro:
non ricordo se l’abbia detto Kubrick, ma “non basta avere in testa una bella storia, ma devi essere in grado di raccontarla”.
Per anni, gli anni del liceo, ricchi di scritture acerbe e incerte senza spina dorsale, ho guardato con angoscia i corsi di scrittura creativa, o anche tutti i momenti nei quali avrei potuto confrontarmi con altri autori per crescere. La sento ancora oggi, quell’angoscia, ma semplicemente perché sono estremamente geloso delle mie idee e delle mie storie, e ogni volta che la mia fedele lettrice (ovvero la mia migliore amica, che in questo periodo sta leggendo il romanzo che ho portato avanti nell’ultimo anno) mi fa un appunto su ciò che ho scritto ci rimango male.
Però fa parte del gioco, ti dici poi: se non applichi delle regole a ciò che fai, se non ti eserciti, se non sperimenti nuove tecniche, e soprattutto se non ti fai leggere da persone critiche le tue idee muoiono per la tua incapacità di esprimerle, e ciò è davvero terribile…
In ogni caso il tuo è un esercizio importantissimo per ogni creativo e scrittore, avessi tempo e modo tenterei anche io la tua strada.
Il che non vuol dire che anche su Geeko non potremmo fare qualche esperimento di scrittura condivisa 😉
Sono assolutamente d’accordo. Scrivo da sempre, da che ho imparato a farlo, storie e storielle e romanzi e tutto il resto ma solo recentemente ho scoperto numerosi manuali di scrittura (ad esempio, Il viaggio dell’eroe, per citarne uno) e ne ho letti parecchi, rianalizzando anche i romanzi già letti in quest’ottica e ho cominciato a comprendere a fondo le strutture di una storia, il percorso da svolgere. Inoltre ho cominciato a fare attenzione anche alle parole, al modo di costruire le frasi e adoro le indicazioni dei grandi autori in questo senso (ad esempio, i famosi consigli di Umberto Eco). E ho trovato estremamente stuzzicanti i contest di scrittura amatoriale che, più che un tema, impongono qualcosa che abbia a che fare con lo stile o la forma, ad esempio “un racconto scritto al presente e in seconda persona singolare”, o quelli con obblighi nell’utilizzo di alcune parole. Che dite, Geeki, si potrebbe fare per una delle prossime volte? 🙂
Al contrario, però, non ho esperienze di scrittura condivisa e devo dire che l’idea, per quanto stimolante, mi fa un po’ strano perché sono piuttosto gelosa e orgogliosa delle mie cose. Credo che apprezzerei moltissimo la discussione pubblica, l’analisi e lo svisceramento, anche con molte critiche, di un mio scritto, ma non la scrittura condivisa. Ma, ovviamente, non avendola provata, magari invece mi piacerebbe, chissà!