In un comune italiano, tempo addietro, viveva una giovane nobildonna.
Era destinata a vivere una vita normale: doveva imparare a cucire, farsi bella, leggere, scrivere, allevare un figlio ed imparare a stare in silenzio fra gli uomini. La ragazza in questione era bella, giovane e vergine, pronta per sposarsi ed avere il primo rapporto con suo marito, che l’avrebbe voluta soltanto se totalmente candida. Era pronta per avere solo con lui rapporti di questo tipo e dopo il rapporto, avere un figlio, possibilmente maschio.
Conosceva a memoria le regole nobiliari: come comportarsi, come rispondere alle domande scomode e come sorridere di cortesia e allontanarsi durante le conversazioni degli uomini.
Questa giovane donna, però, andando avanti con i mesi e andando avanti con la sua istruzione, capiva che la vita che l’aspettava non era come immaginava da bambina.
Non ci sarebbe stato nessun principe a garantire per lei, non avrebbe fatto quello che voleva davvero, non avrebbe mai potuto partecipare a quelle conversazioni di politica che le interessavano tanto. Non avrebbe mai potuto piangere davanti agli altri, mai potuto difendersi da sola senza che nessuno le credesse.
Non avrebbe mai potuto parlare.
Un giorno la fanciulla decise di provare a fare ciò che le avevano sempre proibito: provò a partecipare alla conversazione di un gruppo di ragazzi della sua età che si ritrovavano spesso nel cortile della chiesa, accanto alla sua dimora.
In primo luogo per i ragazzi fu strano parlare con quella ragazza, che si agitava troppo e parlava troppo velocemente, quasi da non essere capita. Forse fu questo che fece aprire le loro menti, questo che portò la ragazza a diventare amica di tutti quei giovani e finalmente parlare con loro di ciò che le era sempre stato vietato. Era strano avere un parere femminile.
Il tempo passava e la ragazza divenne quasi un fenomeno da baraccone, lei stessa era così esuberante da presentarsi subito e con orgoglio a tutti i nuovi membri che entravano nel gruppo. Alcuni ridevano di lei, altri la prendevano in giro, altri la accettavano tranquillamente. Tra quest’ultimi si potevano contare quattro ragazzi. Tra questi quattro ragazzi c’era il più grande del gruppo, che torreggiava anche sugli altri. Lei aveva legato con quest’ultimo, erano diventati molto amici e spesso trovavano da chiacchierare insieme.
Purtroppo la gente parlava, e la ragazza iniziò ad essere indicata come una poco di buono. Dicevano tutti che gli piacesse il ragazzo, che volesse infrangere il giuramento dato di rimanere pura.
Il ragazzo aveva già una moglie e spesso veniva diffamato per questo tempo che passava con la ragazza. Più tempo la fanciulla passava nel cortile con quei ragazzi, più capiva che in fondo non era cambiato nulla: i ragazzi continuavano a ignorarla, tutti i giorni: la prendevano in giro, continuavano a parlare senza di lei, certe volte la trattavano male, non la consideravano ed in più continuavano a portare via da lei, per un motivo o un altro il capo del gruppo, che infastidito dalle troppe attenzioni spesso se ne andava via prima dell’ora nona.
La ragazza alla fine rimase sola e capì che non c’era nulla da fare se non tornare mai più in quel posto.
Nessuno l’avrebbe considerata.
Lei aveva provato a parlare, ma non c’era riuscita.
Nessuno l’avrebbe più ascoltata.
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Ciao @katy, ho letto con piacere il tuo breve racconto. La ragazza protagonista sembra un personaggio interessante, ma in queste poche righe rimane soltanto un’idea appena abbozzata. Perché non provi a scrivere qualcos’altro su questo tema, approfondendo personaggi e situazioni? Potrebbe venire fuori un bel racconto. Se ti ispira, ti invito anche a partecipare al nostro contest narrativo del mese, “Un ricordo malinconico”, magari potresti scrivere qualcosa di più riguardo a questa eroina incompresa.
A presto e buona scrittura!