- Ci pensi a quanta gente sta facendo l’amore?
- Cosa intendi per amore? Sesso?
- Anche, ma non solo! Ma tu ci pensi?
- Ma io chi? Guarda che stai parlando con te stessa. Tutto questo discorso è solo nella tua mente.
- In effetti è vero. Dire “ci pensi” quindi è sbagliato. Riformulo.
Sto pensando a quanta gente sta facendo l’amore! (con un bel punto esclamativo).
Ma l’amore o sesso? (Domanda a me stessa, stavolta consapevole).
Entrambi.
In questo momento sto pensando a entrambe le cose.
Delle volte sono inscindibili.
Quanta gente si sta amando, in questo preciso momento, traducendo l’amore in sesso?
E quanta gente sta facendo sesso senza amore?
Ecco. Adesso ho espresso il concetto come intendevo.
Quando viaggio in treno e supero palazzi, città, paesi e contrade, cerco di immaginare cosa fanno le persone che si celano dietro le facciate urbane. E la sera penso a quanti di loro stanno facendo l’amore e/o sesso. Perché vergognarsi? Io guardo le finestre e cerco di scorgere corpi che si abbracciano, mani che spogliano, emozioni che trapelano.
Se l’energia dell’amore potesse essere trasformata, tramite dinamo, in corrente si potrebbero illuminare gli stessi palazzi, città, paesi e contrade, dove le persone vivono. Una luce pulita e non inquinante. Una forza propulsiva, forza motrice, forza centrifuga e centripeta. Accelerazioni e decelerazioni. Pistoni nel motore del cuore. Giri che salgono per spingere il sangue ed il piacere e che diminuiscono lasciando però la mente ad una velocità costante.
E l’amore della gente sola? Anche quello va trasformato in energia, andrebbe ad alimentare soprattutto televisioni, modem e siti punto com che regalano piacere a chi si sente solo nelle freddi notti singole (o single) sotto lenzuola bianche.
E allora immagino corpi di sconosciuti senza volti che si avvinghiano e sudano e si fondono. E diventano belli nonostante le pose plastiche e dadaiste che la mia mente disegna.
E volti conosciuti che per pudore non vedo mai nudi, ma che spero si sciolgano sotto il calore umano. Non saprete mai che vi penso in queste situazioni. Ho pensato ai vostri volti e alle vostre smorfie.
E immagino luci che si spengono per la vergogna.
E luci che si accendono, sotto forma di lampadine sui comodini, di fiammiferi di fumatori, di toilette all’improvviso, dove nascono baci e ancora abbracci e carezze o lacrime d’addio.
E soldi su un comodino, brutti-sporchi-inquinati ma in alcuni casi desiderati, cercati da entrambe le parti, giusti o sbagliati. Cerco di scacciare via questo pensiero ma sarebbe come non vedere la realtà.
Allora mi lascio andare nel sediolino del treno e sono felice e allo stesso tempo preoccupata. E penso e dico a me stessa – ancora:
- Ci ammazziamo di lavoro, di preoccupazioni e di pensieri. Ci riempiamo di problemi, di nervosismi, di stress. Sprechiamo energia che sottraiamo all’amore.
- Perché parli al plurale?
- Perché lo vedo. Perché ci amiamo poco. Noi stessi. Facciamo poco l’amore o il sesso che sia. Benefico, salvifico, tranquillizzante.
- Parla per te, cara mia. Io so di quanto ne ho bisogno e quando voglio farlo.
- È vero ma potrebbe non esserlo.
- Sei COMPLESSA.
- Hai dei complessi, tu.
- All you need is love. Questo è il mio complesso preferito.
- Mi hai messo al tappeto (ritorno una sola persona).
Basta scrivere sono arrivata, vado a fare l’amore. Ultimo pensiero. Giuro.
Fare l’amore. Costruire l’amore. Etimologia di costruire: mettere insieme, ammassare più cose convenientemente.
Vado a costruire l’amore.
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